stop canone rai

Per un servizio pubblico federale

1. La storia

2. I Modelli di televisione territoriale

2.1 Pubblico macro-regionale tedesco ARD

2.2 Privato inglese

2.3 Comunitario-linguistico della Svizzera

2.4 Del federalismo asimmetrico della Spagna

2.5 Modello décrochage della Francia

3. Un modello per la terza rete Rai (finché ci sarà)

4. L'esperienza di governo della Rai

4.1 Il ruolo di Raidue

4.2 I centri di Produzione (Milano e Torino)

Per un servizio pubblico federale

La Direzione Marketing Strategico Offerta e Palinsesti ha condotto una serie di analisi per valutare il posizionamento della Rai e delle sue reti dalla quale si evince, per la rete tre, la percezione di un’offerta “generalmente positiva”: è ritenuta quella maggiormente di servizio pubblico con un prodotto più in linea con la mission affidata[1]. Questa forte caratterizzazione è determinata dall’accentuazione della componente regionale che ben risponde alle attese del pubblico nei confronti della tv: attenzione verso l’utenza, proposta di un vero servizio pubblico, capacità di fare cultura e un’informazione accurata e “vicina”. I “distributori” di informazioni regionali si accreditano un elevato gradimento da parte del telespettatore. La struttura portante dell’informazione della concessionaria pubblica è costituita dalla rete delle sedi regionali che forniscono il 41,5% delle informazioni ai telegiornali nazionali grazie ad un esercito di oltre 700 giornalisti. Il totale giornaliero degli ascolti delle tre edizioni ammonta a 8 milioni trainando sull’edizione nazionale da 6 a 7 punti di share. Dall’analisi dei dati a disposizione si evince che il servizio pubblico regionale deve assicurare l’informazione e la programmazione a utilità immeditata su tutto il territorio e il principio ispiratore deve essere “il racconto del mondo incomincia dal racconto del mio paese”.

1. La storia

Lo sviluppo della struttura delle sedi regionali è parallelo alla nascita della televisione e alla fine degli anni ’60 registra la presenza nella maggior parte dei capoluoghi regionali a cui si aggiungono i centri di produzione di Milano, Napoli, Roma e Torino. Con la nomina a direttore di Raitre di Angelo Guglielmi si registra una brusca inversione di tendenza con una centralizzazione della rete e la chiusura delle finestre di programmazione regionale sino ad allora realizzate. Le uniche eccezioni sono tutt’oggi rappresentate dalle Regioni a statuto speciale Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano che, mediante un convenzione con la Presidenza del Consiglio, mantengono una peculiare programmazione. Da allora le sedi regionali hanno smarrito il loro ruolo e le ristrutturazioni susseguitesi dal 1993 hanno confermato la veste marginale al quale il consiglio d’amministrazione le ha relegate. Il consiglio presieduto da Claudio Demattè per risanare la grave situazione economica ipotizzò un accorpamento in sedi macroregionali, progetto sviluppato ma mai concluso dalle presidenze di Letizia Moratti e di Enzo Siciliano. Il passaggio dal modello funzionale a quello divisionale voluto dalla presidenza Zaccaria ha ulteriormente svilito il ruolo delle sedi regionali. Infatti, esse rispondono alla Divisione TV Canale 3 e Offerte Collegate per quanto riguarda le 17 sedi regionali e la relativa Direzione, il Supporto Gestionale, l’Amministrazione, la Redazione Servizi Giornalistici e la Struttura di Programmazione. Alla Divisione Produzione fa capo la Produzione (compresi i centri di produzione di Milano, Torino, Roma e Napoli), al Servizio Immobiliare (SEIM) gli immobili, alla Divisione Abbonamenti e Attività per le Pubbliche Amministrazioni gli abbonamenti e a Raiway risponde la gestione degli impianti di trasmissione. Attualmente le sedi, ad esclusione di quelle con programmazione autonoma[2], hanno una missione territoriale molto labile ed è diretta a concorrere alla programmazione nazionale.

2. I modelli di televisione territoriale[3]

I modelli di televisione territoriale che possono essere di utile riferimento sono sostanzialmente cinque: macro regionale pubblico tedesco, privato inglese, comunitario svizzero, asimmetrico spagnolo e décrochage francese. Ovviamente ogni modello fa riferimento ad una storia: in Germania la struttura federale dello stato post-bellico è stata riproposta nel sistema radiofonico per evitare l’accentramento dei poteri per motivi politici, in Svizzera era preminente la necessità di creare un modello confederale e multilingue[4].

2.1 Modello pubblico macro-regionale tedesco ARD

La struttura federale è la caratteristica più rilevante di questo sistema televisivo nel quale sono i Lander e non lo Stato centrale ad avere la responsabilità normativa sul settore. Nel nostro continente è il modello che ha realizzato la migliore distribuzione informativa ed ideativa federando soggetti regionali che producono anche per il palinsesto nazionale. Un interessante soluzione proposta da questo modello esclude la pubblicità dalle due reti di servizio pubblico durante il prime time (dopo le 20) e il fine settimana liberando il servizio pubblico dalla spada di Damocle dell’audience. E’ da sottolineare che questa struttura molto pesante richieda il gettito da canone più elevato d’Europa (oltre 5 miliardi di Euro) e per la maggior parte assorbito dalle undici televisioni dei Lander. Questo modello traslato alla realtà italiana porterebbe alla creazione di quattro emittenti macro-regionali (Nord, Centro, Sud e Isole) con una programmazione unificata solo per il telegiornale nazionale.

 

2.2 Privato inglese

Lo stato non si limita a finanziare una rete pubblica ma bensì costruisce un insieme di programmi che vengono inseriti all’interno di palinsesti di altre emittenti che rispettano determinati requisiti di qualità ed organicità di proposta. Questo modello ha come pregio quello di liberalizzare il concetto di televisione pubblica ottenendo una pluralità di soggetti, pubblici e privati. Un’esperienza simile è stata intrapresa nella  Nord Renania-Westfalia e nei Paesi Bassi con la realizzazione di una finestra pubblica sulle reti commerciali. Infatti, nel Land tedesco oltre al ‘canonico’ servizio pubblico è stato imposto alle tv commerciali di mettere in onda, per alcune ore a settimana, in prima e seconda serata, programmi realizzati da una specifica società che opera su licenza per la realizzazione di trasmissioni a carattere culturale. Nei Paesi Bassi hanno preferito seguire la strada della realizzazione di spazi per le associazioni di telespettatori (sono una quarantina) o comunque soggetti non-profit.

2.3 Comunitario-linguistico della Svizzera

E’ contraddistinto da alti livelli di fidelizzazione per quanto riguarda il radicamento dell’informazione di prossimità anche grazie ad un cospicuo finanziamento da canone. Dall’altro lato subisce la concorrenza delle emittenti provenienti dai paesi confinanti come conferma l’esperienza del Belgio.

2.4 Del federalismo asimmetrico della Spagna

In questo caso i soggetti pubblici regionali sono messi in concorrenza con i concessionari nazionali. Le regioni stipulano diversi contratti di servizio con i soggetti che realizzano l’offerta di servizio pubblico desiderata, definita in termini quantitativi e qualitativi, finanziata da sovvenzioni dei governi regionali e dalla pubblicità locale. Emblematico è l’esempio della catalana TV3.

2.5 Modello décrochage della Francia[5]

Dando un forte impulso all’informazione di prossimità con brevi telegiornali locali e regionali ed instaurando una forte rete di rapporti con gli editori locali France 3 è riuscita a dare nuovo impulso agli ascolti raccogliendo il 20% dello share medio. Questo modello è connotato da un’elevata fidelizzazione della programmazione anche se richiede circa un terzo delle risorse del canone oltre ad un ricorso al mercato pubblicitario locale. L’informazione locale è stata il fattore vincente della programmazione di France 3, l’unica emittente pubblica che ha registrato una forte crescita di ascolti sul piano nazionale che gli ha consentito di posizionarsi al terzo posto dietro a TF1 e France 2 superando la seconda televisione commerciale generalista M6. France 3 beneficia di picchi di ascolti, spesso superiori al 50-60%, soprattutto nei brevi notiziari di informazione locale programmati a ridosso dei telegiornali regionali. Dall’osservazione dei dati di ascolto medi della programmazione regionale di France 3 si evince che l’informazione regionale e locale è in grado di produrre risultati superiori a quelli degli spazi d’informazione nazionali. Ciò ha avuto risvolti sensibili sul piano della raccolta pubblicitaria derivante dagli spot nazionali trasmessi in prossimità delle fasce informative. Nella fascia meridiana l’ascolto dei telegiornali regionali è superiore di tre punti rispetto a quello nazionale (audience media quotidiana 16,5%, nella fascia meridiana il TG regionale ha il 21,3% e quello nazionale il 16,7%). Nella fascia preserale i telegiornali regionali confermano il loro successo di pubblico (37,7%) e i locali forniscono risultati nettamente migliori (34,1% contro il 29,3% del nazionale)[6]. Tali risultati hanno innescato il positivo fenomeno della competizione dinamica con M6 sui prodotti d’informazione locale che ha entusiasmato il personale dei centri regionali prima relegato al ruolo di partente povero della sede centrale di Parigi.

3. Un modello per la terza rete Rai (finché ci sarà)

Il modello di France 3 con una struttura e una programmazione a carattere nazionale da una parte e il rafforzamento dell’informazione regionale e locale dall’altra è quello che meglio si adatta al mastodontico carrozzone Rai. L’esperienza francese collegata al modello federalista asimmetrico catalano consente di dare una prima risposta alle esigenze autonomiste più forti. A fronte dell’esperienza acquisita in questi anni è preferibile ipotizzare un palinsesto a crescita progressiva che inizialmente preveda brevi telegiornali locali nelle aree metropolitane per poi estenderle ai principali capoluoghi di provincia[7]. Per la buona riuscita del progetto della Rai federale è fondamentale la diffusione capillare sul territorio oggi limitata dalla sovraesposizione della sede della redazione nel capoluogo regionale che emargina le notizie provenienti dalla periferia. L’espansione modulare non può e non deve prescindere dalla graduale e parallela realizzazione di sinergie con l’editoria locale, sia essa carta stampata che radiotelevisiva. E’ fondamentale pensare questo processo in termini di sussidiarietà con una diminuzione del personale dipendente Rai ed una integrazione dei servizi tecnico giornalistici da parte del mondo dell’emittenza locale. Per superare le prevedibili resistenze delle emittenti locali è necessario prevedere una serie di servizi che Rai, attraverso le sue società, può fornire: gestione degli impianti, qualificazione del personale giornalistico e tecnico, digitalizzazione dell’archivio e delle strutture tecniche, riprese esterne di particolari eventi. Viceversa, le testate locali, oltre a fornire il supporto giornalistico, potranno commercializzare i servizi e/o le immagini prodotte per i telegiornali di Rai tre locali, regionali ed, eventualmente, nazionali. In questo modo la Rai potrà realmente concorrere alla valorizzazione, alla qualificazione professionale ed alla dinamicità del mercato televisivo locale. Il servizio pubblico radiotelevisivo sarà così in grado di soddisfare le nuove istanze di formazione dell’informazione civica in relazione al ruolo delle istituzioni locali sempre più importanti nella costruzione del processo decisionale. La presenza della Rai sul territorio si attua attraverso la formazione e la qualificazione di nuove professionalità audiovisive e multimediali che consentano il raggiungimento di uno standard minimo a beneficio degli operatori radiotelevisivi locali. Inoltre, col digitale terrestre la Rai deve riprendere centralità nel fondamentale ruolo di sperimentazione e di assistenza tecnica nel concepimento e nella realizzazione di canali orientati agli enti locali da affidare in gestione a soggetti privati o misti (oggi è esattamente il contrario). Il quadro delle possibili sinergie fra l’emittenza pubblica nazionale e quella privata locale risponde alle reciproche necessità di visibilità: la terza rete regionale potrà finalmente raccontare le diverse identità del nostro paese mentre le emittenti locali potranno compiere quel salto di qualità che le porterà nell’era del digitale terrestre.

3.1 Via etere e in forma analogica

Sino al 2012[8] vedranno la luce 21 testate regionali all’interno delle quali prenderanno forma, a fianco dei tradizionali telegiornali regionali, spazi informativi locali. Gli inserti informativi regionali e i relativi magazine saranno inseriti in quattro fasce sul modello delle local news con le informazioni sul traffico, il meteo, i programmi d’informazione locale e regionale con corrispondenze e collegamenti in diretta sugli avvenimenti principali.

3.2 Digitale satellitare

Un nuovo canale che preveda la realizzazione del primo telegiornale federale all-news affidato alla Testata Giornalistica Regionale in sinergia con le emittenti locali con il meglio dei servizi realizzati dalle testate regionali e locali. Questa tipologia di programmazione potrebbe essere proposta nel palinsesto di Rai International che verrebbe arricchito della programmazione regionale in attuazione del Contratto di Servizio[9] nella parte relativa alla promozione e alla diffusione della conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo attraverso la rappresentazione dei diversi aspetti delle realtà imprenditoriali, culturali e sociali del Paese.

3.3 Broadcasting video digitale terrestre

Con la sperimentazione del nuovo sistema di trasmissione sarà possibile arricchire l’offerta implementando le sinergie attivate con le emittenti locali. Sarà così possibile costruire un mini-bouquet digitale locale composto dalle emittenti locali private che collaborano alla redazione dell’informazione di prossimità arricchendone i contenuti di servizio e l’approfondimento. Analogo ragionamento può essere fatto per le trasmissioni audio (Digital Audio Broadcasting).

 

4. L’esperienza di governo della Rai

La legge e le sentenze della corte costituzionale stabiliscono che la concessionaria determina la propria struttura organizzativa e produttiva “in relazione agli obiettivi indicati nella convenzione e nel contratto di servizio". Ne consegue che il consiglio d’amministrazione Rai ha la piena autonomia organizzativa e  discrezionalità nella scelta di fare uno o più centri di produzione, nonché dove ubicare le direzioni e qualsiasi altra decisione che rientri nei limiti di discrezionalità imprenditoriale ed industriale dell’azienda. Il primo consiglio di amministrazione della seconda era Berlusconi (2002-03) presieduto dal professore Baldassarre[10], sin dai primissimi atti, ha profuso il “massimo impegno ed innovativa, quanto concreta, operatività in tutte le sue attività per la rappresentazione autentica e partecipata del paese, anche alla luce delle profonde modificazioni della Costituzione". In sintesi la delibera dell’aprile 2003 prevedeva: 1) la diffusione di trasmissioni su macroaree regionali; 2) l’implementazione e lo sviluppo dei centri di produzione decentrati; 3) la crescita dello spazio dedicato all’informazione regionale. Il “progetto culturale”[11] ed il contratto di servizio[12] hanno sancito in forma inequivocabile che il territorio costituisce il riferimento essenziale per la modernizzazione, il decentramento e lo sviluppo dell’azienda è la sede del reale patrimonio, prima di tutto morale ed ideale di una comunità nazionale.

La storica delibera del consiglio d’amministrazione Smart[13] afferma principi di fatto rivoluzionari per il servizio pubblico. In essa viene messo in discussione il concetto stesso di “Comunità nazionale” (e, quindi, di “Stato Nazionale”) sia nel quadro della revisione della Costituzione italiana, sia nel “contesto politico ed istituzionale di una integrazione europea che rispetti e garantisca libertà ai popoli ed alle loro Comunità e Stati”. L’identità del Paese non viene concepita come riferimento puramente simbolico ed astratto bensì come espressione di una unione etica, politica, sociale e costituzionale che si realizza solo attraverso il pieno riconoscimento del pluralismo culturale, storico e territoriale e la conseguente valorizzazione di tutte le radici. E' un dato di fatto che la centralizzazione di progettazioni e di produzioni aziendali hanno indubbiamente contribuito all’affermazione di una cultura nazional-popolare egemonica che ha contribuito a dare una rappresentazione deformata e falsa di un paese di fatto inesistente. Da qui l’urgenza, nell’interesse del servizio pubblico e dell’azienda, di adottare misure adeguate alla gravità della situazione del servizio pubblico al Nord col trasferimento di una intera rete, la Raidue, a Milano ed un effettivo quanto adeguato potenziamento dei Centri di Produzione di Milano e Torino. Conseguentemente, in considerazione del carattere organico e funzionale della trasformazione in senso decentrato e federalista del servizio pubblico radiotelevisivo, corrispondere concretamente alle esigenze di rappresentazione e valorizzazione delle realtà plurali.

4.1 Il ruolo di Raidue

La delibera del 20 febbraio 2003 prevedeva che il direttore di Raidue fosse da subito trasferito a Milano da dove avrebbe dovuto operare con immediatezza e autonomia per lo sviluppo ed il radicamento territoriale della rete. Lo spostamento della seconda rete a Milano nasce dalla necessità di ridarle un’identità caratterizzandola per l’attenzione e la capacità di approfondimento e rappresentazione delle diverse realtà culturali e socio-economiche territoriali e regionali. Raidue avrebbe dovuto essere in grado di svolgere queste funzioni collocandosi entro un contesto geografico, produttivo e culturale stimolante ed adeguato come quello di Milano e dell’intera area padana che attualmente per la Rai rappresenta una forte criticità per il notevole calo di ascolti.

4.2 I centri di Produzione (Milano e Torino)

Nel 1952 viene inaugurata la sede di corso Sempione a Milano che nel 1954 produceva l’85% dei programmi della Rai. Prima della presidenza Demattè nella sede di Milano lavorano 1.350 dipendenti, oggi sono 850. Nel 2005 è stato inopinatamente interrotto il processo di delocalizzazione dell’unità produttiva di Corso Sempione che avrebbe consentito di dotare Rai delle strutture necessarie alla produzione di programmi e fiction in Padania[14]. L’operazione finanziata dalla dismissione e dalla cessione del complesso in Corso Sempione avrebbe consentito di realizzare una struttura produttiva al passo con i tempi e ridare voce e viso alle produzioni ideate al Nord. La missione è quella di fornire una rappresentazione autentica, reale della nostra terra; l’unico percorso possibile è quello di riportare la Rai là dove è nata: Milano, Padania. La storica delibera del 20 febbraio 2003 incaricava il direttore generale (prima Saccà e poi Cattaneo) ad avviare, con sollecitudine, la razionalizzazione ed il potenziamento di tutte le attività in palinsesto per i Centri di Produzione di Milano e di Torino anche attraverso la formalizzazione di apposite e funzionali dirigenze di struttura ed in particolare: intrattenimento per Raidue; fiction per Raidue; redazione sportiva Rai Sport; approfondimenti giornalistici e culturali sull’intera area territoriale ed il suo patrimonio monumentale, artistico ed economico-produttivo. Prevedeva l’avvio di nuove iniziative editoriali da collocare nella programmazione di Raidue: “Telegiornale delle Culture, delle Arti e degli Spettacoli” e “Progetto di un settimanale (o bisettimanale) di economia, finanza, produttività e innovazione da Milano” (Progetto di grande respiro nazionale ed europeo, da elaborare).

Un progetto molto ambizioso che intendeva raggiungere due obiettivi: 1) la diffusione e la valorizzare delle diverse realtà culturali e sociali esistenti nel Nord, Centro e Sud attraverso una specifica programmazione; 2) proiettare nella dimensione nazionale ed europea l’immagine di quei territori. Solo in questo modo i popoli, le differenti identità di questo Paese potranno riappropriarsi del servizio pubblico radiotelevisivo sottraendosi dal giogo della cultura nazional-popolare imposta. Solo così le diverse aree macroregionali potranno finalmente vedere rappresentati i loro attori, autori,  artisti, giornalisti, tecnici e rompere l’egemonia centralista che Rai, non a caso definita “la mamma di tutti gli italiani”, ha contribuito a consolidare. La scelta su raidue e raitre è prettamente tecnica, in quanto le uniche equipaggiate ad irradiare contemporaneamente le tre differenti aree socio-economiche omogenee con differenti programmazioni che corrispondano alle necessità di pubblici con esigenze e gusti diversi[15].

L’obiettivo di poter assistere a programmi pensati, realizzati e trasmessi per il Nord rimane una necessità: la storia, le tradizioni e l’immenso patrimonio storico e culturale delle Regioni raccontati senza la mediazione omologante di autori e registi che la disprezzano. E’ l’unico modo perché la nostra cultura, le musiche e i costumi possano assurgere alla ribalta nazionale. Il processo di rivitalizzazione dei centri di produzione di Milano e Torino, la rivalutazione delle sedi regionali ha segnato il passo a causa delle pressioni delle lobbies centraliste. Un consiglio d’amministrazione è caduto proprio per questo motivo. Attraverso la struttura esistente, volutamente tenuta asfittica, sarebbe già oggi possibile, in sinergia con l’universo delle emittenti locali del Nord, realizzare dirette dalle piazze dei nostri Comuni, raccontare il territorio e la sua gente, lo sport e le discipline più popolari spregiativamente definite “sport minori”. Attualmente Milano, dopo Roma, ha un Centro di Produzione che, seppure fortemente penalizzato dalle sciagurate scelte aziendali mirate alla centralizzazione, appare ancora in grado di garantire, in termini di esperienze professionali, risorse umane ed operatività, i presupposti necessari per sostenere nell’intera area, ed in sinergia con il Centro di Produzione di Torino, un soddisfacente standard “di base” sia quantitativo che qualitativo. La rete federale parte proprio da qui: la rinascita e riqualificazione dei centri di produzione che daranno vita ai nuovi poli televisivi.

[1] “Analisi del posizionamento del gruppo e delle reti Rai” di Rai MKP – Corporate Marketing, novembre 2001.

[2] Dal 1968 la Rai è presente in Valle d’Aosta con una struttura locale. Circa cento dipendenti operano nei vari settori: dalla struttura dei programmi alla redazione giornalistica, dalla produzione al commerciale-abbonamenti sino alla diffusione del segnale. La sede Rai, in ottemperanza alla convenzione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, realizza programmi regionali e servizi giornalistici in lingua francese. Le ore di programmazione annualmente prodotte e diffuse in lingua francese sono 78 per la tv e 110 per la radio; contestualmente sono prodotte e diffuse in lingua italiana 370 ore per la tv e 280 per la radio. Dal 3 ottobre 2000 il palinsesto è stato ulteriormente arricchito. Il martedì (la montagna e il suo mondo), il mercoledì (Ecologia, ambiente e avventura), il giovedì (Storia e tradizioni) e il  venerdì (“Le carnet”: magazine di cultura, costume, spettacolo) dalle 20 alle 20,20, la domenica (Eventi e attualità) dalle 9,45 alle 10,45 in italiano e francese. Tutti i giorni va in onda l’edizione regionale alle 14,00, alle 19,35 e alle 22,45. La programmazione radiofonica il lunedì (Di lunedì alla radio per tre quarti d’ora, filo diretto con gli ascoltatori sui fatti politici, sociali e culturali della settimana), il martedì (Morceaux choisis, brani di letteratura e poesia tratte da opere in lingua francese), il mercoledì (Tra monti e campi, rubrica di agricoltura - De tot eun pocca – Microphone dans le passé, rubriche di memorie storiche per la diffusione del “patois”), il giovedì (Graffiti, musica, cultura e curiosità varie), il venerdì (Tra monti e campi, rubrica di agricoltura – Vendredi didi – Morceaux choisis pour le petits, rubriche di supporto didattico per le scuole elementari) e il sabato (Radiocarnet, appuntamento con gli eventi della cultura e dello spettacolo in valle) dalle ore 14,15 alle 15,00. L’informazione del GR regionale è trasmessa su Radio uno dal lunedì al sabato alle 7,20 e 12,10 mentre la domenica è alle 12,40.

[3] “Per un autentico federalismo radiotelevisivo” di Bruno Samalvico, marzo 1998. “Con lo stato e con il mercato? Verso nuovi modelli di televisione pubblica nel mondo” di Angelo Zaccone Teodosi e Francesca Medolago Albani, aprile 2000, Mondatori.

[4] I modelli riportati sono stati esaminati nel convegno, tenutosi nel 1997 a Milano, organizzato dalla Regione Lombardia su “La televisione a dimensione regionale: i modelli sperimentati in Europa”.

[5] Rai Divisione 2, rapporto di ricerca su “La rete televisiva pubblica francese France 3 e il sistema di decentramento dell’informazione” di Giuseppe Richieri, ottobre 1999.

[6] Ascolti medi autunno 1998 ricerca di Giuseppe Richieri dell’Università della Svizzera Italiana con la collaborazione di Bruno Samalvico della Rai, Divisione 2.

 

[7] La programmazione tipo di un giorno feriale comprende quattro fasce di programmi informativi suddivisi in mattutina, di metà giornata, preserale e in seconda serata. Prima fascia regionale mattina (ore 6,30 – 8,29) La programmazione prevede un flusso continuo di informazione che per motivi analitici suddividiamo su un’ora di trasmissione in viabilità regionale (5 minuti), meteo regionale (3 minuti), promo programmi regionali (2 minuti), prima edizione del TG regionale (10 minuti), viabilità regionale (6 minuti), contenitore regionale (24 minuti), viabilità regionale (5 minuti), meteo locale (3 minuti), promo programmi regionali (2 minuto). Seconda fascia regionale meridiana (ore 12,00 – 12,59) La programmazione prevede la viabilità regionale (3 minuti), meteo regionale (2 minuti), promo programmi regionali (1 minuto), seconda edizione del TG regionale (20 minuti), prima edizione TG locale (8 minuti), meteo locale (2 minuti), contenitore regionale (24 minuti). Terza fascia regionale preserale (ore 18,30 – 19,29) Viabilità regionale (3 minuti), meteo regionale (2 minuti), promo programmi regionali (1 minuto), terza edizione del TG regionale (20 minuti), seconda edizione TG locale (8 minuti), meteo locale (2 minuti), contenitore regionale (24 minuti). Quarta fascia regionale seconda serata (ore 22,45 – 23,09) La programmazione prevede meteo regionale (3 minuti), promo programmi regionali (2 minuti), quarta edizione del TG regionale (10 minuti), seconda edizione del TG locale (10 minuti). E’ necessario ripensare l’odierna struttura della direzione giornalistica e di rete prevedendo quattro vicedirezioni TGR da suddividere su base macroregionale: Nord, Centro, Sud e Isole. Al di là dello spazio informativo regionale, in base all’esperienza maturata nelle Regioni a statuto speciale e nella Provincia di Trento e Bolzano, è possibile formulare una serie di proposte, puramente indicative, per la realizzazione di programmi per i palinsesti regionali: Storia e tradizioni l’immenso patrimonio storico e culturale delle regioni riscoperto con i moderni strumenti della comunicazione televisiva; Magazine di cultura, musica e costume dalla presentazione di un piatto locale agli appuntamenti dei teatro in lingua locale; Lettere e lingue viaggio alle radici letterarie e linguistiche; Fatti politici e sociali appuntamento settimanale di approfondimento dei temi più importanti del dibattito politico nazionale e locale; Dirette da una piazza programma realizzato in esterna per raccontare il territorio; Sport le discipline più popolari con particolare attenzione agli sport minori. Tali produzioni devono essere contraddistinte da una buona qualità, dalla coproduzione con le emittenti locali (il personale giornalistico e tecnico non deve essere Rai) e da una netta differenziazione con i programmi irradiati dalle reti nazionali.

[8] Le trasmissioni televisive dei programmi e dei servizi multimediali su frequenze terrestri devono essere irradiate esclusivamente in tecnica digitale entro l’anno 2012 come modificato dal collegato alla Finanziaria 2008 (ex proposta Gentiloni).

[10] Il C.d.a. passato alla storia come “Smart” a causa della defezione dei rappresentanti indicati dalle sinistre e del consigliere Staderini (UDC) ha approfondito in ogni sua parte la problematica della trasformazione dell’azienda in un modello di servizio pubblico radiotelevisivo decentrato capace di inserirsi con urgenza ed efficacia nel complesso tessuto delle molteplici diversità storiche, culturali, sociali e di costume delle Regioni. L’impegno è quello di realizzare le condizioni essenziali per la trasformazione del servizio pubblico che ha trovato nell’azienda un riscontro, purtroppo ancora modesto, sia con la riconosciuta autonomia funzionale ed organizzativa alla Testata Giornalistica Regionale (TGR) e la sua conseguente separazione dal Tg3, sia con la decisione di valorizzare e non di ridurre ulteriormente il lavoro nei Centri di Produzione di Milano, Torino e Napoli.

[11] Approvato dal C.d.a. Rai del 15-16 gennaio 2002.

[12] Il contratto sottoscritto il 22 gennaio 2003 è la definizione delle prestazioni che Rai dovrebbe espletare a fronte del corrispettivo del Canone Rai. Inutile dire che questi impegni, come del resto i precedenti e i successivi, sono stati abbondantemente disattesi.

[13] Delibera C.d.a. Rai del 20 febbraio 2003.

[14] A supporto del processo di decentramento televisivo la Commissione di Vigilanza Rai nel quinquennio 2001-06 ha formalmente impegnato la Rai, in attuazione del Contratto di Servizio, a destinare una percentuale minima del 20% dei proventi complessivi del canone a investimenti finalizzati alla produzione di opere nostrane. Incentivo alla promozione della cultura italiana nel mondo attraverso la rappresentazione dei diversi aspetti delle realtà imprenditoriali, culturali e sociali del Paese. Quindi, non più l’odioso stereotipo di “pizza, sole e mandolino” ma la reale rappresentazione e la  diffusione delle identità culturali locali, della promozione del turismo e dell'artigianato. Inoltre, la Commissione ha impegnato la Rai ad una particolare attenzione critica ai messaggi di violenza, alla loro influenza sulle fasce deboli e sui minori ed alla sperimentazione di nuovi spazi di programmazione dedicati all'infanzia e alla famiglia, oltre che alla realizzazione di cartoni animati appositamente prodotti per la formazione dell'infanzia.

 

[15] Unico esperimento di diffusione del segnale macroregionale è la messa in onda nel periodo del C.d.a. Smart del festival “Celtica” prodotta dalla sede regionale della Valle d’Aosta ed irradiata nel solo Nord.