L'ESPROPRIO PROLETARIO

 

Nel 1954 nella sede di corso Sempione a Milano venivano realizzati l’85% dei programmi trasmessi dalla Rai. Sin dalla nascita della televisione nella maggior parte dei capoluoghi regionali presero forma le sedi a cui negli anni ’60 si aggiunsero i centri di produzione di Milano, Napoli, Roma e Torino. Parallelamente alla diffusione della televisione nelle case degli italiani cresceva la comprensione da parte della classe politica dell’enorme potere di controllo e di condizionamento che da essa derivava.

 

Dal 1973 al 1993 siamo nell'era socialista delle presidenze Rai e quella democristiana delle direzioni generali. Negli anni 80 è tutto più facile per la sinistra con Biagio Agnes (vicino a Ciriaco De Mita) che divenne direttore generale anche con l’appoggio del Pci. Per questo motivo baratta la pace aziendale e il posto della direzione generale regalando la nascente Rai3, quella che avrebbe dovuto essere la rete federale, ai compagni Guglielmi (un intellettuale comunista che aveva fondato con Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Alberto Arbasino il Gruppo ’63) e Curzi già vicedirettore di Paese Sera. Nasce Telekabul. In sette anni di mandato Agnes assume 3.858 persone il 60% delle quali ha la tessera del Pci. La redazione dell’Unità si era trasformata nell’anticamera per l’assunzione in Rai. Questo spiega come quindici anni dopo, una volta alla guida del Paese, le sinistre non avranno bisogno di affannarsi: dentro viale Mazzini la strada è spianata da tempo.

 

Fu un direttore di Raitre, comunista, Angelo Guglielmi un intellettuale comunista che aveva fondato con Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Alberto Arbasino il Gruppo ’63), a decretare la morte nella culla della programmazione regionale con la conseguente centralizzazione della rete. Da allora alle sedi regionali è stato attribuito il ruolo di meri esecutori di ordini impartiti da Roma. Le ristrutturazioni nell’epoca della Rai delle sinistre hanno confermato l’idiosincrasia nei confronti delle identità locali.

 

Basti pensare a Claudio Demattè che con l’alibi di risanare la grave situazione economica, dimezzò i 1.350 lavoratori della sede di Milano. L’unificazione della testata giornalistica regionale a quella nazionale ha coronato il processo di annientamento l’autonomia delle redazioni regionali.

 

La Lega Nord Padania lavora ad un progetto molto ambizioso: la diffusione e la valorizzare delle diverse identità culturali e sociali esistenti nel Nord, Centro e Sud attraverso una specifica programmazione. Solo in questo modo potremo affrancarci dal giogo della cultura nazional-popolare imposta a colpi di sceneggiati e fiction. La Padania potrà finalmente vedere rappresentata la sua identità, i suoi attori, i suoi autori, i suoi artisti e rompere l’egemonia centralista che Rai, non a caso definita “la mamma di tutti gli italiani”, ha contribuito a consolidare.

 

Con il nuovo centro di produzione di Milano di cui si è chiusa egregiamente la fase di pre-qualifica finalmente potremo assistere a programmi pensati, realizzati e trasmessi per il Nord: la storia, le tradizioni e l’immenso patrimonio storico e culturale delle Regioni raccontati senza la mediazione omologante di autori e registi che la disprezzano. Emblematico il caso della patetica fiction delle Cinque Giornate di Lizzani. Finalmente la nostra cultura, le nostre musiche, i nostri costumi, le nostre tradizioni, il nostro presente e il nostro futuro torneranno sugli schermi della tv nazionale.

 

La rivitalizzazione dei centri di produzione di Milano e Torino, la rivalutazione delle sedi regionali consentirà di inoculare nel circolo mediatico nuova linfa, raccontare il territorio e la sua gente, le discipline sportive da noi più popolari da Roma con spregio definite “sport minori”. La rete federale parte proprio da qui: dalla rinascita e riqualificazione dei centri di produzione che daranno vita al nuovo polo televisivo del Nord. Solo così anche sui canali  Rai milioni di padani potranno avere un volto ed una voce.